Questo modello non era stabile in quanto gli elettroni orbitanti avrebbero dovuto in accordo alle leggi dell’elettrodinamica classica perdere energia per irraggiamento. Ma l’instabilità nel sistema di elettroni dal momento che non sembrava comportare una vita media troppo breve per le strutture atomiche, non era considerata come un difetto del modello: al contrario essa fu utilizzata per  spiegare i fenomeni radioattivi. Anche il modello di Thomson come qualsiasi altro modello che si basasse  sulle teorie classiche, era aperto a serie obiezioni. Rayleigh nel 1906 osservò che, partendo dall’ipotesi che la frequenza della radiazione emessa da un elettrone coincidesse con la frequenza di oscillazione di tale elettrone intorno alla propria posizione di equilibrio, fosse necessario fare riferimento alla loro “distribuzione originale”. Pur seguendo il suggerimento di Rayleigh, rimaneva aperta la questione che Jeans aveva sollevato nel 1901: era impossibile, partendo dalle grandezze costituenti l’atomo, derivare una quantità che avesse le dimensioni fisiche di una frequenza. L’atomo doveva contenere, nel caso del modello di Thomson, il raggio della sfera positiva ma, secondo Jeans, questa sfera positiva avrebbe potuto essere libera di espandersi sotto la propria repulsione e in tal modo il raggio atomico sarebbe risultato indeterminato. Non restava dunque, a parere di Jeans, che considerare l’elettrone come un qualcosa di più complesso di un semplice punto carico. Se si seguiva questa via, la stessa obbiezione che Jeans muoveva contro la sfera positiva  di Thomson poteva comunque essere mossa all’elettrone complesso di Jeans.

 

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