LE CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI DI MISURA

- Ripetibilità
- Prontezza
- Sensibilità
- Risoluzione
- Fondo scala
- Precisione

Oltre a queste esistono altri fattori tra cui il costo, l'ingombro e il peso che contraddistinguono lo strumento: si noti peraltro che le varie caratteristiche non sono indipendenti l'una dall'altra, ma costituiscono il risultato di un compromesso che si raggiunge all'atto della progettazione.
Come esempio si consideri il fatto che il costo di uno strumento può salire notevolmente all'aumentare dell'intervallo di funzionamento e non è detto che le due grandezze, costo e intervallo di funzionamento, siano correlate linearmente: anzi molto spesso ad un piccolo ampliamento delle caratteristiche (precisione, intervallo di funzionamento e così via) corrisponde, in proporzione, un aumento dei costi ben superiore ai miglioramenti apportati.


LA RIPETIBILITA`

Con il termine ripetibilità si intende la capacità dello strumento di fornire misure uguali della stessa grandezza entro la sua risoluzione, anche in condizioni di lavoro difficili o variabili (vibrazioni, sbalzi di temperatura, ...).
In pratica lo strumento deve risultare ben isolato rispetto agli effetti dell'ambiente esterno, escluso ovviamente l'effetto dovuto alla grandezza in esame.

La ripetibilità implica anche una buona affidabilità intesa come robustezza di funzionamento nel tempo: questa peculiarità viene espressa come vita media o come tempo medio statisticamente prevedibile fra due guasti successivi in condizioni normali di utilizzo.

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LA PRONTEZZA

La prontezza è una caratteristica dello strumento legata al tempo necessario affinchè questo risponda ad una variazione della grandezza in esame. Per alcuni, quanto minore è questo tempo, detto tempo caratteristico, tanto maggiore è la prontezza, mentre per altri la prontezza è rappresentata dal tempo impegato dallo strumento per dare la risposta, cioè il risultato.
In generale la prontezza rappresenta la rapidità con cui è lo strumento è in grado di fornire il risultato di una misura.

Per chiarire quanto detto finora vediamo un esempio: consideriamo un termometro a mercurio, quello che si può trovare in un comune laboratorio, che sia inizialmente alla temperatura ambiente di 20oC.
Se ora lo immergiamo in un bagno di liquido alla temperatura di 120oC osserviamo che il mercurio comincia a salire lungo la scala prima velocemente poi più lentamente fino ad arrivare al valore di temperatura corrispondente: approssimativamente il tempo impiegato affinchè il mercurio raggiunga la posizione relativa alla temperatura misurata è dell'ordine di qualche decina di secondi (diciamo 40).
Questo intervallo di tempo ci da un'indicazione sulla prontezza dello strumento: in particolare se andiamo ad osservare l'andamento della temperatura misurata graficata rispetto al tempo, il fenomeno descritto appare ancora più chiaro.

C'è anche chi definisce la prontezza come il tempo impiegato dall'indice dello struento (nel nostro caso il livello della colonnina di mercurio) ad effettuare il 63.2 % dell'escursione che esso deve compiere, partendo dalla posizione iniziale di riposo fino a raggiungere il valore effettivo della grandezza: tale tempo è definito come coefficiente di ritardo.
Attraverso questa definizione si potrebbe avere un coefficiente di ritardo variabile con il valore della grandezza applicata: per ovviare a questo inconveniente occorre fissare un valore di riferimento della grandezza, le modalità d'uso e tutte le altre caratteristiche strumentali in modo tale che la prontezza così definita rispecchi un'effettiva caratteristica dell'apparecchio.

Note

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LA SENSIBILITA`

La sensibilità di uno strumento è costituita dalla più piccola grandezza in grado di generare uno spostamento apprezzabile rispetto all'inizio della scala dello strumento.
Così definita, la sensibilità determina il limite inferiore del campo di misura dello strumento, mentre il limite superiore è dato dal
fondo scala: i due determinano insieme l'intervallo di funzionamento.

Esiste anche una definizione più raffinata di quella presentata, anche se concettualmente sono del tutto equivalenti.

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LA RISOLUZIONE

La risoluzione di uno strumento rappresenta la minima variazione apprezzabile della grandezza in esame attraverso tutto il campo di misura: essa rappresenta il valore dell'ultima cifra significativa ottenibile.
Percui se la scala dello strumento parte da zero ed è lineare la risoluzione è costante lungo tutto il campo di misura e risulta numericamente uguale alla sensibilità.

Si osservi che non sempre sensibilità e risoluzione coincidono: la loro differenza risiede nella definizione delle due grandezze. Infatti la sensibilità è relativa all'inizio del campo di misura, mentre la risoluzione è considerata sull'intero campo di misura dello strumento.

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IL FONDO SCALA

Il fondo scala rappresenta il limite superiore del campo di misura e prende anche il nome di portata dello strumento: insieme alla sensibilità ne delimita l'intervallo di funzionamento.

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LA PRECISIONE

Come abbiamo già detto, ad ogni misura è associata inevitabilmente una incertezza. Evidentemente più piccola è l'incertezza associata alla misura, migliore sarà la misura.
Ma cosa significa "più piccola"?

Vediamo di chiarire questo punto. Quando noi forniamo un risultato, lo dobbiamo sempre corredare, oltre che del valore della misura, anche dell'errore associato: tale errore è detto errore assoluto e rappresenta l'intervallo di indeterminazione entro il quale si suppone che il risultato sia compreso.
Se ora cosideriamo il rapporto tra l'errore assoluto e il risultato stesso otteniamo una grandezza adimensionale (un numero, privo cioè di unità di misura), molto utile nell'analisi degli errori, che prende il nome di precisione o
errore relativo.

A questo punto appare evidente che la misura con l'errore relativo minore è quella più precisa: si noti bene che si è parlato di errore relativo e non assoluto. Infatti si consideri il seguente esempio.

Siano date due misure nel modo seguente

A=(10 ± 1) Kg

B=(100 ± 1) Kg

Entrambe hanno lo stesso errore assoluto (A=B=1 Kg), mentre hanno differenti errori relativi.
Ora, mentre nella prima misura abbiamo un errore di una unità su dieci, nella seconda abbiamo un errore di una sola unità su cento: si è allora soliti dire che la prima è una misura precisa al 10%, mentre la seconda precisa al 1%.

Precisioni di questo ordine di grandezza sono molto simili a quelle che si possono ottenere in un laboratorio di fisica o di chimica: si tenga però conto che i laboratori di ricerca le precisioni raggiunte sono di parecchi ordini di grandezza superiori. Per questo si è soliti usare la notazione scientifica, onde evitare la scomodità di espressioni con troppi zeri.

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Componenti fondamentali degli strumenti di misura