Gli apparecchi che elaborano informazioni di tipo digitale non sono in grado di leggere grandezze continue in quanto la loro architettura è basata sull'algebra di Boole (sfruttano cioè delle serie di zeri e di uni). Bisogna allora rendere compatibile la tensione continua che esce dal trasduttore con la necessità dell'apperecchio di avere in ingresso una grandezza di tipo digitale: questo è il compito del convertitore analogico-digitale.
Per capirne il funzionamento, vediamo in cosa consiste un
dato digitale, in pratica quale è il tipo di segnale in uscita
dal convertitore.
Un segnale digitale è costituito da una serie di bit (singole
celle che posono assumere uno dei due valori discreti
convenzionalmente denominati zero e uno):
supponiamo che il nostro convertitore ci dia in uscita un segnale
composto da otto bit (in "gergo" questo insieme è
definito byte). Poichè questo sistema di zeri e uni
(chiamato binario)
ha base due, il totale delle combinazioni possibili tra i vari
bit è 28 = 256 il nostro segnale potrà presentarsi
in 256 forme possibili.
Ricapitoliamo: in ingresso abbiamo una tensione che di sua natura
assume valori continui, mentre in uscita abbiamo un segnale che
può assumere solo 256 configurazioni.
A questo punto vediamo come avviene la conversione vera e
propria.
Se la tensione in ingresso varia ad esempio tra 0 mV e 1000 mV
tale intervallo viene diviso in 256 parti ognuna delle quali ha
larghezza pari a circa 4 mV e ad ogni intervallo il convertitore
associa una delle 256 configurazioni possibili in ordine
crescente.
Percui, fintanto che la tensione in entrata è compresa tra 0 e 4
mV il convertitore da in uscita la sequenza 00000000, quando si
passa tra 4 e 8 mV la sequenza sarà 00000001 e così via fino
all'ultimo intervallo tra 996 e 1000 mV per il quale avremo tutti
(11111111).
Si veda a questo proposito il grafico qui a lato: si nota appunto
che, contrapposto all'andamento continuo della tensione il
convertitore adotta un'andamento "a scalini".
Ovviamente il convertitore associa a tutti i valori appartenenti
allo stesso intervallo la stessa configurazione di uni e di zeri
cosicchè ad esempio alla sequenza 00001001 corrispondono tutte
le tensioni comprese tra 36 e 40 mV indistintamente. Questa
divisione "a scalini" determina la risoluzione dello strumento, in
quanto, più questa è fitta (cioè quanti più bit ho a
disposizione), più posso infittire la divisione e di conseguenza
apprezzare intervalli sempre più piccoli.
La parte relativa alla visualizzazione del risultato è in fondo la più semplice in quanto non si deve fare altro che prendere il segnale in uscita dal convertitore A/D, segnale abbiamo detto di tipo digitale, e calcolarne il valore numerico. senonchè bisogna tener conto di alcuni accorgimenti di cui il più significativo è quello relativo al segno da associare al valore numerico.
Per quanto riguarda il valore numerico, lo strumento prende
il segnale in uscita dal convertitore A/D ed associa alla
sequenza ottenuta il corrispondente valore in base al fondoscala adoperato: ovviamente in
numero di cifre con il quale il risultato può venire
visualizzato dipende dal numero di bit con cui opera il
convertitore, tenendo conto che alcune volte può capitare che il
primo bit della sequenza sia adibito alla determinazione del
segno (esempio: 0=segno meno, 1=segno più).
Se invece ci chiediamo fino a che punto sia significativo
l'insieme di cifre che lo strumento visualizza come risultato,
allora il discorso si complica un poco e bisogna passare a
considerare come si deteminano gli errori
negli strumenti digitali in generale.